Nel disporre l’affidamento dei figli all’uno o all’altro genitore (ma l’affidamento dev’essere preferibilmente condiviso e può essere anche alternato, infra), il giudice deve privilegiare quello che appaia come il più idoneo a ridurre al massimo, nei limiti consentiti dalla situazione comunque traumatizzante, i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo possibile della personalità del minore (Cassazione 4 gennaio 2005, n. 116).
Idoneità del genitore affidatario
Non va però trascurata l’idoneità dell’affidatario, dal punto di vista materiale e morale, a mantenere ed educare la prole, accertando anche l’ammontare dei redditi con i quali l’affidatario può far fronte a queste esigenze; pertanto, qualora risulti che la madre abbia tratto per il passato i mezzi di sostentamento dall’esercizio della prostituzione, occorre accertare che la stessa, sotto il profilo morale dell’affidamento, non si trovi costretta, per l’avvenire, a procurarsi allo stesso modo i redditi necessari a soddisfare i bisogni dei figli, mentre è irrilevante, ai predetti fini, la posizione economica del convivente con la madre, trattandosi di soggetto estraneo ai minori affidati o affidandi (Cass. 14 aprile 1981, n. 2229).
Tempi e modi di permanenza dei figli con i genitori
Il giudice, nel decidere in ordine all’affidamento dei figli, determina tempi e modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di questi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione degli stessi.
In particolare, salvo diverso accordo, ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di unassegno periodico, il cui importo viene determinato in relazione alle attuali esigenze del figlio, al tenore di vita da questi goduto durante la convivenza con entrambi i genitori, ai tempi di permanenza presso ciascun genitore, alle risorse economiche di entrambi i genitori, alla valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Audizione del figlio minore
Il giudice, inoltre, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto 12 anni (anche di età inferiore se capace di discernimento).
Se il minore (nella specie diciassettenne), ascoltato dal Presidente del Tribunale, dichiara di voler essere affidato esclusivamente ad uno dei genitori (nel caso di specie il padre), le sue dichiarazioni sono sufficienti per fondare il provvedimento presidenziale di affidamento esclusivo (Corte d’Appello di Bari 23/5/2007).
Se poi il giudice ne ravvisa l’opportunità può, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, rinviare l’adozione dei provvedimenti per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riguardo alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.
Figli maggiorenni
Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico, da versare direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi del terzo comma dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Limiti all’affidamento
Il fatto che un genitore sia residente all’estero non esclude che gli possano essere affidati i figli (Cass. 22 giugno 1999, n. 6312).
Ininfluente anche la circostanza che il genitore affidatario professi una fede religiosa diversa dalla cattolica, l’importante essendo che non sia contraria all’ordine pubblico e alla comune morale (Trib. Velletri, 20 dicembre 1999), e non superi, per le forme di comportamento adottate, i limiti di compatibilità con i concorrenti doveri di coniuge o di genitore (Cass. 7 febbraio 1995, n. 1401).
In linea di principio neppure le particolari tendenze sessuali di un genitore sono di ostacolo all’affidamento della prole (Trib. Napoli, 18 dicembre 1984).
Nuova relazione del genitore
Particolarmente delicato è il problema dell’affidamento dei figli nel caso in cui la madre abbia allacciato una relazione extraconiugale; a riguardo il Tribunale di Napoli (sentenza del 18 luglio 1986) ha escluso che la relazione con un cognato intrattenuta dalla moglie, poi sfociata in una convivenza more uxorio, fosse di ostacolo a che le venisse affidato il figlio durante le vacanze estive.
Accordo sull’affidamento
Può accadere che i coniugi, pur nell’ambito di una separazione giudiziale, si trovino d’accordo sull’affidamento dei figli; ciò non esclude che il Tribunale, qualora ritenga la situazione prospettata non conforme all’interesse dei minori, possa modificare gli accordi (Trib. La Spezia 10 gennaio 2000, con riferimento alla comune volontà dei genitori volta a limitare eccessivamente la frequentazione, da parte dei figli, del padre che aveva abbandonato il tetto coniugale).
Potestà genitoriale
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.
Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Diritto di visita
Il genitore non affidatario dei figli ha, oltre che il diritto, il dovere/obbligo, categorico e primario, di visitare i figli e di permanere con essi anche nei periodi di regola coincidenti con le vacanze e con le festività, per un periodo più o meno lungo e continuativo di tempo (Trib. Catania, 2 luglio 1991). A riguardo la Cassazione (sentenza n. 3013 del 3 maggio 1986) ha precisato che il Tribunale, al fine di assicurare, con i provvedimenti relativi ai figli minori, la possibilità del coniuge non affidatario di seguirli, controllarne l’educazione e l’istruzione, nonché di portarli eventualmente con sé in determinati periodi, non può adottare statuizioni di contenuto generico, insuscettibili di essere poste in esecuzione o comunque tali da far sorgere equivoci e contestazioni, come nel caso del mero riconoscimento della “facoltà di visitarli durante l’anno scolastico e di averli seco durante le vacanze”, ma ha il dovere di specificare tali periodi, nonché i tempi, i luoghi e le modalità della consegna e riconsegna dei minori medesimi.
Può accadere che, per varie ragioni, il genitore non affidatario non abbia la possibilità di visitare periodicamente i figli affidati all’altro coniuge; in tale ipotesi il diritto di visita può essere riconosciuto ai nonni, avuto riguardo all’interesse dei figli a mantenere rapporti con gli ascendenti nel rispetto della rilevanza parentale riconosciuta dagli artt. 74 e 148 c.c. (Trib. Messina 1 gennaio 2006); i nonni, però, non sono legittimati ad agire in giudizio per chiedere una revisione delle visite (Cass. 16 ottobre 2009, n. 22081).
Il genitore non affidatario che si sia trasferito in altra città può chiedere di visitare i figli mediante collegamento video via Internet, a condizione che si faccia carico delle apparecchiature (anche di quelle installate presso i figli) e dei costi di gestione del servizio (Trib. Nicosia decreto 15 aprile 2008).
Cambio di residenza
Il cambio di residenza del genitore affidatario dei figli minori, senza il consenso dell’altro genitore o senza l’autorizzazione del giudice, pur in regime di affidamento condiviso, può comportare, qualora il giudice riscontri che ciò corrisponde all’interesse dei minori, il collocamento degli stessi presso l’altro genitore: nel caso di specie la Corte d’Appello di Napoli (sentenza del 12 dicembre 2008) ha revocato il collocamento del minore preadolescente presso la madre, che aveva cambiato Comune di residenza, trasferendolo presso il padre, sul rilievo che questi poteva accudirlo più compiutamente, con l’aiuto dei familiari, tenuto anche conto dei gravosi impegni lavorativi della madre.
Danno morale
Il genitore non affidatario che si veda impedire dal genitore affidatario ogni apprezzabile relazione con il figlio minore ha diritto al risarcimento del danno morale ai sensi dell’art. 2059 c.c., in quanto il comportamento lamentato integra la lesione di un diritto personale costituzionalmente garantito: ciò anche indipendentemente dall’accertamento di una responsabilità penale, e quindi del riconoscimento di una volontà dolosa del genitore affidatario di eludere i provvedimenti che regolano i rapporti tra il figlio e il genitore non affidatario (Trib. Monza 8 luglio 2004, n. 2994).
Andamento scolastico
E’ infine nel diritto del genitore non affidatario accedere alla documentazione scolastica riguardante i figli minori, giacente presso il competente ufficio scolastico provinciale (Consiglio di Stato 13 novembre 2007, n. 5825).
Altre forme di affidamento
L’affidamento dei figli, se l’interesse di questi lo richiede, può essere anche condiviso e alternato: soluzioni, queste, introdotte dal secondo comma dell’art. 6 della L. n. 898/1970 sul divorzio ma applicate estensivamente dai giudici alla separazione personale.
Con l’affidamento condiviso, che può essere disposto anche se i genitori non sono d’accordo su questa soluzione, l’importante essendo che lo esiga l’interesse dei figli (Trib. Brindisi, 11 gennaio 2001), questi convivono stabilmente con uno dei genitori ma le decisioni più importanti vengono adottate da entrambi. L’affidamento condiviso non esclude l’obbligo patrimoniale dei genitori di contribuire al mantenimento dei figli, in relazione alle proprie esigenze di vita e alla propria capacità economica, secondo le regole generali in materia di separazione e divorzio (Cass. 18 agosto 2006, n. 18187). Se però l’affidamento anche alla madre si rivela contrario all’interesse del minore, a causa di una condotta deliberatamente volta ad impedire i rapporti tra padre e figlio, il giudice può disporre, a modifica dell’ordinanza presidenziale, l’affidamento in via esclusiva al padre, con domiciliazione presso lo stesso e suo esercizio esclusivo della potestà sul figlio, senza, però, che ciò debba comportare una riduzione dei tempi di permanenza del figlio, se ancora piccolo, presso la madre (Trib. Firenze 11/2/2008).
Affidamento condiviso escluso anche a fronte del totale disinteresse mostrato da uno dei genitori per i figli minori; nel caso di specie (Trib. Bologna 17/4/2008) è stato disposto l’affido esclusivo alla madre della figlia quindicenne, essendo emerso nel giudizio che il padre non la vedeva da oltre due anni, disinteressandosi completamente di lei, non versando il contributo per il mantenimento e tenendo condotte elusive e di ostacolo alle iniziative della madre.
Con l’affidamento alternato, invece, i figli vivono, per periodi alterni, con l’uno o con l’altro genitore. Quest’ultima soluzione è scarsamente praticata poiché se i genitori si alternano nella casa familiare ne risultano sconvolte sia le abitudini dei genitori che quelle dei figli, per i quali l’unico punto di riferimento costante resta l’abitazione (Trib. Napoli 22 dicembre 1995; di diverso avviso il Tribunale di Roma, sentenza del 12 maggio 1987), mentre se i genitori vivono in case, o, peggio, in città diverse, ne risente l’esigenza a che i figli vivano in un ambiente stabile (Trib. Mantova, 11 aprile 1989).
Qualora uno dei genitori appartenga ad una minoranza etnica o linguistica, l’esigenza di conservarne i relativi valori non può di per sé giustificare l’affidamento alternato del figlio, occorrendo fare preminente riferimento alla necessità di assicurargli uno sviluppo equilibrato (Cass. 4 maggio 1991, n. 4936).
Assegni familiari al genitore affidatario
Il coniuge cui siano stati affidati i figli ha diritto a percepire i relativi assegni per il nucleo familiare (il linguaggio corrente continua ad adoperare la vecchia denominazione di assegni familiari), ancorché di questi sia titolare l’altro coniuge; ciò indipendentemente dall’importo dell’assegno di mantenimento che il coniuge non affidatario è tenuto a corrispondere all’altro, salvo diversa, espressa pattuizione fra i coniugi (Cass. 2 aprile 2003, n. 5060).
I possibili reati
Il coniuge affidatario dei figli minori, che non osservi i provvedimenti dati a riguardo dal giudice, si rende responsabile del reato di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, punito dall’art. 650 del codice penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro (Cass. 16 marzo 2000).
Lo stesso dicasi se il genitore affidatario tiene una condotta volta a screditare l’altro genitore nei confronti dei figli, al punto tale che questi si rifiutino di vederlo (Cass. 8 settembre 2009, n. 34838).
Contiguo a questo è il reato di sottrazione di persone incapaci, punito a querela del genitore dall’art. 574 c.p., con la reclusione da uno a tre anni. Lo realizza il genitore che sottragga all’altro esercente la potestà un figlio minore degli anni 14 (o infermo di mente se di età superiore), o lo trattenga contro la volontà dello stesso genitore.
La revisione delle disposizioni
I genitori possono chiedere in qualsiasi momento la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e la misura e la modalità del contributo. In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009, hanno precisato che l’audizione dei figli minori in sede di modifica delle condizioni di separazione concernenti il loro affidamento è obbligatoria, a meno che non contrasti con l’interesse degli stessi figli.
La competenza a decidere sulla domanda di modifica dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli minori, emessi dal Tribunale in sede di separazione giudiziale o consensuale omologata spetta allo stesso Tribunale, mentre ai sensi dell’art. 38 disp. att. e trans. c.c. spetta al Tribunale per i minorenni decidere sulle domande volte ad ottenere, a norma degli art. 330 e 333 c.c., una compressione della potestà in capo all’altro coniuge, per esempio perché diretta conseguenza della sua condotta pregiudizievole per il figlio (Cass. 4 febbraio 2000, n. 1213). Segnaliamo infine una recente sentenza della Suprema Corte (n. 1243 del 22 gennaio 2010), per la quale il genitore straniero che sia stato raggiunto da un provvedimento di espulsione non può invocare la sua qualità di padre per giustificare la sua permanenza in Italia, se risulta di non aver mai avuto rapporti con i figli minori.